Canto XVII

Ché se la voce tua sarà molesta nel primo gusto, vital nodrimento lascerà poi, quando sarà digesta.

Argomento del canto

Dante vuole conoscere il suo futuro – La profezia – La missione di Dante


Dopo le nove di sera del 30 marzo (13 aprile).

In missione per l’umanità

Dante è smarrito per ciò che ha udito incontro a sé e se ne vuole accertare. Beatrice e Cacciaguida se ne accorgono e la sua donna lo invita a mandare fuori la vampa del suo desiderio.

Dante obbedisce: “O cara radice mia che vedi in Dio le cose contingenti prima che accadano, mentre ero con Virgilio mi fuor dette parole gravi relative alla mia vita futura, sebbene io mi senta bene tetragono ai colpi di ventura. Vorrei sapere quale sorte mi attende perché una freccia prevista viene più lenta”.

Quello amore paterno risponde sorridendo con parole chiare e un eloquio preciso: “Dio, nel quale vedo il tempo che ti s’apparecchia, conosce la contingenza, ma ciò non condiziona la nostra libertà come una nave che discende giù per torrente non muta il suo corso se si specchia nell’occhio di un osservatore. Dovrai partir da Fiorenza da esule calunniato. Questo si vuole e presto verrà fatto nella curia romana là dove Cristo tutto dì si mercanteggia. La colpa, come al solito, sarà attribuita alla parte offensa, ma ci sarà vendetta. Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente e questo è il primo dolore dell’essilio. Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale. E quel che più ti graverà le spalle, sarà la compagnia malvagia e stolta con cui condividerai questa esperienza: ingrata si dovrà vergognare della sua bestialitade così che sarà per te bello averti fatta parte per te stesso. Il primo tuo refugio sarà la cortesia del gran Lombardo, un Signore degli Scaligeri di Verona che avrà tanto riguardo per te e ti si farà amico. Sarai ospite di Cangrande che oggi ha solo nove anni: le sue opere saranno notabili, influenzate da questa forte stella di Marte. Prima che il papa Clemente V inganni l’alto imperatore Arrigo VII dimostrerà la sua virtute in non curare né denaro fatica. Affidati a lui che rovescerà i ricchi e innalzerà i poveri. Porterai impresso ne la mente quel che dirò di lui, ma tu non dirlo”. Cacciaguida rivela poi cose incredibili persino a coloro che le vedranno e conclude invitando Dante a non portar rancore ai suoi concittadini: la sua vita durerà tanto da poter vedere la punizione delle lor perfidie.  

Al suo silenzio, Dante riprende la parola per un consiglio: “Padre mio, vedo come lo tempo incalza verso di me per darmi un colpo che sarà più grave se mi ci s’abbandono. È bene ch’io m’armi di prudenza: se perderò Firenze, luogo per me più caro, non vorrei perdere il resto per quello che scrivo. Giù per lo mondo sanza fine amaro dell’inferno, in purgatorio e in paradiso ho appreso cose che, rivelate, avrebbero per molti un sapore sgradevole; se rinuncio al vero, però, temo di perdere fama tra i posteri”.

 La luce si fa più brillante e risponde: “Chi avrà la coscienza sporca, sentirà brusca la tua parola. Ma, rimossa ogne menzogna, racconta quello che hai visto e lascia pur grattar dov’è la rogna. Ché se la voce tua sarà molesta al primo assaggio, quando sarà digerita, lascerà vitale nutrimento. Questo tuo grido farà come vento che percuote le cime più alte e per questo nel tuo viaggio ultraterreno ti son mostrate anime note: non è efficace né un essemplo sconosciuto né un argomento non evidente”.

Canto integrale

Qual venne a Climené, per accertarsi

di ciò ch'avea incontro a sé udito,

quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;


tal era io, e tal era sentito

e da Beatrice e da la santa lampa

che pria per me avea mutato sito.


Per che mia donna «Manda fuor la vampa

del tuo disio», mi disse «sì ch'ella esca

segnata bene de la interna stampa;


non perché nostra conoscenza cresca

per tuo parlare, ma perché t'ausi

a dir la sete, sì che l'uom ti mesca».


«O cara piota mia che sì t'insusi,

che, come veggion le terrene menti

non capere in triangol due ottusi,


così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto

a cui tutti li tempi son presenti;


mentre ch'io era a Virgilio congiunto

su per lo monte che l'anime cura

e discendendo nel mondo defunto,


dette mi fuor di mia vita futura

parole gravi, avvegna ch'io mi senta

ben tetragono ai colpi di ventura;


per che la voglia mia saria contenta

d'intender qual fortuna mi s'appressa;

ché saetta previsa vien più lenta».


Così diss'io a quella luce stessa

che pria m'avea parlato; e come volle

Beatrice, fu la mia voglia confessa.


Né per ambage, in che la gente folle

già s'inviscava pria che fosse anciso

l'Agnel di Dio che le peccata tolle,


ma per chiare parole e con preciso

latin rispuose quello amor paterno,

chiuso e parvente del suo proprio riso:


«La contingenza, che fuor del quaderno

de la vostra matera non si stende,

tutta è dipinta nel cospetto etterno:


necessità però quindi non prende

se non come dal viso in che si specchia

nave che per torrente giù discende.


Da indi, sì come viene ad orecchia

dolce armonia da organo, mi viene

a vista il tempo che ti s'apparecchia.


Qual si partio Ipolito d'Atene

per la spietata e perfida noverca,

tal di Fiorenza partir ti convene.


Questo si vuole e questo già si cerca,

e tosto verrà fatto a chi ciò pensa

là dove Cristo tutto dì si merca.


La colpa seguirà la parte offensa

in grido, come suol; ma la vendetta

fia testimonio al ver che la dispensa.


Tu lascerai ogne cosa diletta

più caramente; e questo è quello strale

che l'arco de lo essilio pria saetta.


Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.


E quel che più ti graverà le spalle,

sarà la compagnia malvagia e scempia

con la qual tu cadrai in questa valle;


che tutta ingrata, tutta matta ed empia

si farà contr'a te; ma, poco appresso,

ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.


Di sua bestialitate il suo processo

farà la prova; sì ch'a te fia bello

averti fatta parte per te stesso.


Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello

sarà la cortesia del gran Lombardo

che 'n su la scala porta il santo uccello;


ch'in te avrà sì benigno riguardo,

che del fare e del chieder, tra voi due,

fia primo quel che tra li altri è più tardo.


Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,

nascendo, sì da questa stella forte,

che notabili fier l'opere sue.


Non se ne son le genti ancora accorte

per la novella età, ché pur nove anni

son queste rote intorno di lui torte;


ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,

parran faville de la sua virtute

in non curar d'argento né d'affanni.


Le sue magnificenze conosciute

saranno ancora, sì che ' suoi nemici

non ne potran tener le lingue mute.


A lui t'aspetta e a' suoi benefici;

per lui fia trasmutata molta gente,

cambiando condizion ricchi e mendici;


e portera'ne scritto ne la mente

di lui, e nol dirai»; e disse cose

incredibili a quei che fier presente.


Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose

di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie

che dietro a pochi giri son nascose.


Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,

poscia che s'infutura la tua vita

vie più là che 'l punir di lor perfidie».


Poi che, tacendo, si mostrò spedita

l'anima santa di metter la trama

in quella tela ch'io le porsi ordita,


io cominciai, come colui che brama,

dubitando, consiglio da persona

che vede e vuol dirittamente e ama:


«Ben veggio, padre mio, sì come sprona

lo tempo verso me, per colpo darmi

tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;


per che di provedenza è buon ch'io m'armi,

sì che, se loco m'è tolto più caro,

io non perdessi li altri per miei carmi.


Giù per lo mondo sanza fine amaro,

e per lo monte del cui bel cacume

li occhi de la mia donna mi levaro,


e poscia per lo ciel, di lume in lume,

ho io appreso quel che s'io ridico,

a molti fia sapor di forte agrume;


e s'io al vero son timido amico,

temo di perder viver tra coloro

che questo tempo chiameranno antico».


La luce in che rideva il mio tesoro

ch'io trovai lì, si fé prima corusca,

quale a raggio di sole specchio d'oro;


indi rispuose: «Coscienza fusca

o de la propria o de l'altrui vergogna

pur sentirà la tua parola brusca.


Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,

tutta tua vision fa manifesta;

e lascia pur grattar dov'è la rogna.


Ché se la voce tua sarà molesta

nel primo gusto, vital nodrimento

lascerà poi, quando sarà digesta.


Questo tuo grido farà come vento,

che le più alte cime più percuote;

e ciò non fa d'onor poco argomento.


Però ti son mostrate in queste rote,

nel monte e ne la valle dolorosa

pur l'anime che son di fama note,


che l'animo di quel ch'ode, non posa

né ferma fede per essempro ch'aia

la sua radice incognita e ascosa,


né per altro argomento che non paia».

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Roberto Romano

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